L'immagine che ho di Lei è di una donna in un dolce vita verde scuro abbinato ad una giacca e ad un pantalone a quadretti un pò stretto alla caviglia. Schiena dritta, passo deciso, sguardo alto e vigile. Una donna dai grandi valori e dai principi saldi. Gabriella Cenicola è la professoressa che ogni studente dovrebbe trovare tra i banchi di scuola: non solo nozioni ma tanto dialogo, confronto. Lezioni di italiano che si trasformavano in "lezioni del vivere", lezioni di italiano che continuavano anche tra le mura della mia cameretta tra me e me. Lezioni che ricordo ancora oggi e che mi accompagnano ogni giorno.
Sono state le domande che ho formulato con più ansia, più difficoltà. Io resto l'alunna e oggi vi parlo attraverso Lei, la mia professoressa.
In qualità di studentessa sono stata attenta e puntuale nelle consegne, pena la sospensione degli studi. Secondo i canoni dell'epoca in quegli anni i docenti, specie gli universitari, erano quasi dei guru, per genitori e studenti e pochissimi ne contestavano l'operato ed io non ero tra questi. Tuttavia ciò non mi ha impedito, poi, di modificare alcuni aspetti cogniti ritenuti cardini in quella modalità di apprendimento e lodevoli più per quantità che per finalità di crescita individuale diversificata.
È vero, sono stata fortunata. Ho insegnato anche durante il corso di studi universitari, spesso in corsi con alunni quasi coetanei; ciò mi poneva spesso nei loro panni e mi induceva a non realizzare lezioni cattedratiche, ma così come le avrei volute per me: con conoscenze che producessero conoscenze. Lezioni rispettose e incentivanti delle personali attitudini, interessi, capacità di espressione di sentimenti, molto spesso condizionati dall' ambiente socioculturale.
Credo che mi abbiano percepita come insegnante disponibile con tutti, allegra e esigente a un tempo, interessante per alcuni e "rompiscatole" per altri. Questo secondo aspetto mi infastidiva sul momento, poi, con calma la consideravo una opportunità di indagine personale e, se mi sembrava di cogliere sbavature, provavo altre modalità (quando, non mi lasciavo indebolire da nocivi e infruttuosi sensi di colpa).
Forse le mie scelte di metodo erano più improntate su una formazione dell'essere, della sua educazione, insomma maieutica, che su un bagaglio di nozioni- che non critico- ma ritengo più utile per partecipare ad alcune gare televisive con gettoni in palio. Ammetto che in didattica a distanza mi sarebbe mancato molto il rapporto fisico, indispensabile per cogliere al volo stati di attenzione, gradi e ambiti di interesse, timori, noia e, soprattutto aspetti inerenti la socializzazione orizzontale e verticale degli studenti. Pertanto ammetto che non mi è molto facile rispondere. Spesso non esitavo ad interrompere una lezione canonica se ritenevo più importante cogliere l'opportunità di poter osservare e fare osservare loro comportamenti, tra coetanei e docenti e di indurli all'analisi degli stessi. Talvolta per dirimere alcune controversie affidavo loro ruoli di difesa, accusa, giudice e giurati. La parte del moderatore era mia, e ammetto che anche io la prendevo abbastanza sul serio (detto tra noi, mi sentivo una di loro). Quando lasciamo la scuola, spesso noi insegnanti diciamo di aver imparato tanto dai ragazzi. Per quel che mi riguarda è quell'essere spesso passata dall'altra parte che credo mi abbia aiutata a percepire nei ragazzi difficoltà di vario genere e a incoraggiare la scoperta di capacità personali talenti e aspirazioni future.
Confesso che sin da bambina non ho mostrato grande interesse per i libri. In seguito, dopo la terza media, per curiosità, per le buone amicizie, per alcune trasmissioni televisive che riguardavano sceneggiati tratti dai più noti romanzi e dal teatro italiano e straniero, nonché la maggiore disponibilità economica dei tascabili, ho incominciato a leggere e non ho smesso.
Ho lasciato la scuola da 14 anni e non posso che riferire quanto mi viene detto dai docenti in servizio. Spesso sento lamentele di ogni genere da parte loro: ragazzi ingestibili, ineducati arroganti e svogliati. Insegnati maltrattati da genitori poco presenti e sempre pronti a giustificare e ribaltare le colpe dei figli su di loro; lavoro non adeguatamente retribuito e poco apprezzato ma con carichi educativi sempre posti sulle loro spalle, disagi di viaggi sfibranti in zone lontane e tant'altro ancora. In tale clima, cui si è aggiunto il covid, la scuola ha viaggiato in mari tempestosi. Tuttavia in questo momento è emerso anche la voglia di un ritorno in compresenza espresso da ambo le parti e ciò credo che ci interroghi tutti. Cosa è venuto a mancare? Non credo il desiderio di lezioni e nozioni noiose che non accendono il desiderio di conoscenza come input di vita da vivere e non da lasciarsi vivere; voglia di nuovo, di diverso, di utile e più vicino alla realtà odierna. In breve credo di dover essere più disposti e preparati ad ascoltare parole, comportamenti e atteggiamenti dei giovani, sforzandosi di riconoscere e controllare pregiudizi, schemi e percorsi, valevoli un tempo ma obsoleti oggi, senza rinnegare del tutto il valore della tradizione, ma rinnovandola con coraggio competenza e creatività. Non ignoro l’onere che tale lavoro comporterà ma sono certa di quello che scaturisce da noia, disinteresse e abulia.
Certamente la lingua italiana, come credo ogni altra, si evolve nel tempo in quanto espressione del nostro procedere in questa avventura che chiamiamo vita. Come sai il movimento non sempre è espressione di evoluzione e il percorso è pieno di sfide, di ostacoli e imprevedibilità. La nostra sete di conoscenze e di certezze sembra non estinguersi mai, con tutte le sue luci e le sue ombre. Ciò può costituire un onere troppo pesante da saper gestire, sì da preferire percorrere sentieri già battuti e rassicuranti. Tuttavia l'Ulisse che vive in molti (spero) di noi non demorde e i mari vengono ancora solcati, in cerca di? Di tutto. Credo che muoversi al di là delle colonne d'Ercole sia sempre una paurosa ma seducente avventura: in questo anche la comunicazione linguistica deve essere segno di nuove conoscenze e consapevolezze. Accettate subito e da tutti? Non credo. Gli asterischi penso che siano molto eloquenti. Ovviamente l'uso degli stessi, mentre sembra che non agiti troppo le acque, in realtà denuncia uno stato di incertezze e spero di crisi comportamentali, ma le crisi, come sai, sono sempre state impulsi di revisioni, di rabbia, di grinta e di coraggio per molti. Aspettiamo con fiducia attiva e nessuno si senta escluso a dare il proprio contributo se veramente crediamo che la vita non è un io e un tu ma un noi.
Più donne a scuola? Già ai miei tempi quella era la strada ritenuta più idonea al "secondo sesso" perché "meno impegnativa" per il tempo che avrebbe lasciato: più tempo per gli improrogabili impegni familiari, "peculiarità " delle donne. In realtà ho visto, da parte degli uomini abbandonare tale lavoro per carriere più prestigiose e meglio remunerate. Non ho avuto difficoltà a relazionarmi con colleghi soprattutto perché erano talmente pochi che c'era poco da confrontarsi.
Studiate. Confrontatevi. Non stancatevi mai di farlo.
Non ho trovato le domande banali ne tanto meno noiose.