Anche questa domenica, propongo per le lettrici e i lettori della sezione “Lo deDICO alle donne” un libro di una grande donna, Plautilla, che si fa spazio tra i maschi tra gli inizi del 1624 e la fine del 1678 in una Roma ricca tra pregiudizi e arte.
Una delle frasi più belle- a mio parere- è quella in cui la protagonista femminile, Plautilla dichiara che “Diventare architetto, (...) trasformare un disegno in pietra, un pensiero in qualcosa di solido, perenne. Tirar su una casa. Scegliere le tegole del tetto e il mattonato del pavimento. Immaginare facciate, cornicioni, architravi, logge, scale, frontoni, prospettive, giardini. Per quanto ne sapevo, una donna non l’aveva mai fatto. Non esisteva nemmeno una parola per definirla”.
Ai tempi di Plautilla, Roma viveva il suo Seicento baroccheggiante, in molti si dedicano alla realizzazione di opere fastose, si respira gesso, marmo, pittura fresca in molte case. Una di quelle case era quella di Giovanni Briccio: un genio plebeo ma ignorato dalla corte; materassaio ma poeta. Briccio, uomo all’avanguardia e moderno educa sua figlia Plautilla alla pittura e la presenta come fanciulla prodigio. Fatica a farsi notare dagli artisti romani ma dopo un incontro fortunato con Elpidio Benedetti, Plautilla si afferma come la prima ARCHITETTRICE della storia moderna.
Una donna ambiziosa che non si lascia scappare nessuna opportunità di crescita lavorativa, realizza il suo grande sogno, entra in competizioni con gli architetti uomini più celebri del momento e riesce a riscattarsi come donna e come professionista con la realizzazione di una villa sul colle che domina Roma; quella villa l’aveva prima pensata, poi disegna, progettata e finalmente realizzata.
La sua affermazione come donna ARCHITETTRICE poco si concilia “col fardello del matrimonio”; le parole di suo padre si rilevano profetiche e infatti…
Buona lettura amiche e amici di Lo dice la legge
Foto di Daria Głodowska da Pixabay