Nel 2019, la violenza ostetrica, è stata riconosciuta come VIOLAZIONE dei diritti umani e come violenza di genere a tutti gli effetti. Per violenza ostetrica deve intendersi l’insieme dei MALTRATTAMENTI sanitari che una DONNA INCINTA può subire come: decisioni prese sul suo corpo SENZA consenso, sottovalutazione dei sintomi e dei dolori, mancanza di rispetto e umiliazioni, superficialità nella valutazione del suo malessere; ma anche abusi fisici, psicologici e violazione della sua privacy.
Per violenza ostetrica si intende quel comportamento scorretto e irrispettoso che viene messo in atto da TUTTO il personale medico e paramedico che dovrebbe prendersi cura della partoriente. La violenza si consuma NON solo con gesti fisici non idonei ma anche con offese e umiliazioni.
La violenza ostetrica è stata denunciata da molte donne che, soprattutto in una fase di complicazione del parto, NON hanno avuto una adeguata assistenza anzi, al contrario, sono state offese con parole non consone al momento, con frasi di scherno mentre venivano trasferite da una stanza all’altra.
In passato, molte donne, nonostante fossero state vittime di violenza ostetrica, NON hanno denunciato: non solo per paura ma anche perché, credere che il personale che assiste una donna prima, durante e dopo il parto potesse avere comportamenti scorretti nei confronti della paziente nella fase del parto, NON sarebbe stato credibile.
La donna che nelle fasi del parto è stata vittima di violenza ostetrica, DEVE denunciare. La denuncia è importante perché, innanzitutto, porta alla luce un problema che molto spesso nasce e muore nelle corsie degli ospedali ma che arreca dolore alle donne. La denuncia deve fare da deterrente affinché certi episodi NON si verifichino più e le donne possano vivere il loro momento nel pieno rispetto della loro persona.
Sarebbe bello che il personale medico che si occupa dell’assistenza di una partoriente, comprendesse il momento che si trova a vivere una donna. La cattiveria di molti oltre ad essere gratuita e insensata, è DISUMANA. E, mi raccomando, non venite a raccontarmi la storiella della carenza di personale.